Page 65 - Nuovo Gulliver News Marzo 2022 - Schede operative (Inserto)
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      LUNGA-TRECCIA (1)



           Leggi il testo.

      C’era una volta un villaggio di contadini nascosto nella spaccatura di un monte, dove non
      pioveva quasi mai e non c’erano né ruscelli né sorgenti. Perciò la gente doveva andare ad

      attingere l’acqua da un fiume molto lontano.
      Un giorno, Lunga-Treccia, una ragazza povera che veniva chiamata così per la sua lunga
      treccia di capelli, camminò fino alla cima della montagna e vide una rapa gigantesca. Tira
      tira, dal buco cominciò a gocciolare un filo d’acqua che andò a perdersi giù per il dirupo.
      «Per tutti questi anni abbiamo avuto l’acqua a portata di mano e non lo sapevamo!»
      esclamò Lunga-Treccia.
      Ma ecco che un turbine di vento la gettò in terra e un uomo grande e grosso si mise a
      urlare: «Quella sorgente mi appartiene! Se rivelerai il segreto ti costringerò a sdraiarti sulla
      roccia e l’acqua della cascata ti scorrerà addosso per l’eternità!». Era il dio della montagna,

      perfido come la siccità e duro come la roccia.
      Lunga-Treccia, spaventata, tornò a casa e non disse niente a nessuno. Il pensiero della
      sorgente le tolse il sonno e le fece imbiancare la treccia. Ogni giorno vedeva gli orti che
      andavano in rovina, le bestie sfinite dalla sete e la gente che contava ogni goccia. Finché
      un giorno non riuscì più a resistere: si mise a correre per il villaggio gridando: «C’è una
      sorgente sulla cima della montagna! Dovete strappare quell’enorme rapa!». I contadini,
      con zappe e vanghe, strapparono via la rapa e allargarono il buco, finché l’acqua si mise

      a scorrere con furia: una cascata precipitò giù dal monte. Lunga-Treccia un po’ piangeva
      di gioia e un po’ di disperazione. Ed ecco che un vecchietto vestito di foglie con una
      lunga barba verde la fermò e le disse: «So quel che è successo, Lunga-Treccia. Conosco
      un modo per salvarti la vita. Vieni!».
      Il vecchio la guidò dietro una roccia: là c’era una ragazza di pietra che se ne stava distesa,
      come se dormisse.
      «Ma è uguale a me!» disse Lunga-Treccia. E infatti la statua le somigliava in tutto, tranne
      che in una cosa: non aveva capelli.
      «Io l’ho scolpita» disse il vecchio. «La porterò alla sorgente e prenderà il tuo posto sotto

      la cascata, e il dio della montagna non si accorgerà mai dello scambio. Perché l’inganno
      sia perfetto, però, devi darmi i tuoi capelli.»
      Con un coltello affilato glieli tagliò tutti e li attaccò alla testa della statua.
      «Adesso vai a casa, e non preoccuparti. L’acqua scorrerà per sempre e i vostri orti
      diventeranno più verdi della mia barba. Addio.»
      Lunga-Treccia corse via e, a mano a mano che si avvicinava al villaggio, sentiva che i capelli
      crescevano più fitti di prima. Quando raggiunse la porta di casa ormai le arrivavano ai

      piedi ed erano neri come una volta, pronti per essere legati in una lunga treccia di seta.
                                                              (rid. e ad. da Lazzarato F., Fiabe da tutti i luoghi, Mondadori)





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