GULLIVER FORMAT
- 13 e 14 maggio 2010
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Personalmente ho avuto delle esperienze infelici con gli inse-
gnanti di sostegno, perché quando furono create le scuole bien-
nali di antica memoria, negli anni ’80, mi hanno coinvolto e ne
ho dirette più di una contemporaneamente, perché c’era il biso-
gno di formare gli insegnanti.
Da quest’esperienza di formazione degli insegnanti di sostegno,
ho potuto constatare la carenza di strumenti sia diagnostici sia
concettuali per gestire la situazione e quindi, pur proponendo
attività ludiche, psicomotorie e percettive, le applicavano un po’
meccanicamente a bambini che avevano tipologie del tutto di-
verse.
Ho visto usare lo stesso metodo con un bambino che aveva una
disabilità intellettiva grave e con uno che aveva un disturbo spe-
cifico del linguaggio.
È inconcepibile che un bambino con un disturbo specifico del lin-
guaggio sia stato maltrattato per tre anni. Quando poi è venuto
presso il nostro servizio, abbiamo potuto vedere a posteriori che
aveva bisogno di un lavoro completamente diverso perché aveva
delle competenze cognitive eccezionali.
Aveva però un disturbo specifico del linguaggio, quindi bisogna-
va affrontarlo tenendo conto di questo, ma in maniera diversa
da come va affrontato il ritardo mentale, dove è chiaro che le ca-
pacità cognitive sono ridotte, e quindi erano necessarie delle at-
tività molto puntuali, specifiche e ripetitive, con obiettivi molto
ridotti.
Grazie a questo ho capito che se prima non si individua la tipolo-
gia di problema, non si può andare avanti perché non si sa dove
può arrivare il bambino, che cosa gli si può richiedere, la famosa
“Area potenziale di sviluppo
”.
L’immagine n. 1
mostra le grandi famiglie di problematiche; con
una valutazione iniziale.
Se un bambino va male a scuola, perché succede?
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