Page 6 - DEMO Diario di scuola
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che tutti sono in grado di parlarne e di modificarla, a proprio piacimento.
C’è sempre qualcosa di insoluto, anche nella saggistica relativa alla
scuola, che assume talvolta toni moralistici, in cui c’è sempre da trovare
una colpa o un colpevole.
Meglio allora raccontarla, nella sua quotidianità, con un diario frizzante,
come fa… descriverla, con un linguaggio visivo che ne rappresenta
concretamente le tante sfaccettature e contraddizioni, che fa emergere
in filigrana, con leggerezza, i tanti problemi che riguardano il compito
dell’insegnante, il suo difficile ruolo di mediazione, di intervento, i dubbi
che attraversano le decisioni prese, di cui non sapremo mai se sono state
giuste e sbagliate, perché i risultati si vedranno solo tra tanti anni.
L’insegnante, nella sua irriducibile unicità anche in tempi di staff, team,
o di gruppo è il periscopio da cui si guarda il mondo infantile, i genitori,
che sono ora troppo distanti, ora troppo vicini, i colleghi insegnanti, che
non sono una categoria sociologica ma esseri viventi, in carne ed ossa,
smarriti, alle prese con un universo di regole che il tempo ha messo fuori
misura.
Da questi racconti, che nella forma vogliono essere ironici ed autoironici,
ma che lasciano un retrogusto di amarezza, emerge una scuola che non
sembra aver le giuste misure, come se fosse fatta da un sarto distratto e
incapace che, a forza di aggiustatine, l’ha resa un po’ goffa e ridicola.
I capitoli, godibili, veloci sono occasioni per sorridere della scuola, di se
stessi e degli altri, ma se un lettore desidera soffrire, può anche farne un
esercizio di pedagogia e trovarvi spunti per sofisticate analisi sul rapporto
scuola-società nella crisi… bla... bla... bla…
Non lo consiglio; in fondo l’autrice non lo dice, ma pensa come Sandro
Onofri, scrittore e docente in una scuola professionale di una borgata
romana, che nel suo “Diario di classe” (Einaudi, 2000:43) annotava:
“Ecco, è mezzogiorno, è un autunno di sole fresco, ho appena perso una
partita di calcetto con i miei studenti e adesso sono qui, a ridere con loro
che fanno i buffoni e mi prendono in giro. Esiste un mestiere più bello
del mio?”
Renato Anoè
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