Page 10 - DEMO Marcella e le regole della strada
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raful, farafal; bigalò muscialò; perpetel,
                                                               zagatel, un po’ qui, un po’ là, un po’ su,
                                                               un po’ giù, chiudi gli occhi e non pensare
                                                               più!”
                                                               All’improvviso si aprì il tetto della casa,
                                                               l’ombrello si sollevò da terra e iniziò a
                                                               salire. Marcella non credeva ai suoi occhi
                                                               e tenendo sempre le gambe incrociate e
                                                               le mani ben strette al manico, cominciò
                                                               a volare, tra nuvole dorate e raggi di sole
                                                               e poi ancora più su, tra stelle luminose
                                                               e strade d’argento.
                                                               Passò del tempo. Poco? Tanto? Era
                        dove c’era davvero di tutto: ampolle di   difficile stabilirlo.
                        vetro di diverse misure, vecchi libri im-  Poi questa immensità finì e un’alta mon-
                        polverati, grossi vasi contenenti chissà   tagna rocciosa sbarrò il suo cammino.
                        cosa, fiaccole e candele accese ovunque e   Che ci faceva una montagna dura e grigia
                        un enorme orologio che batteva a ritmo   in tanta leggerezza?
                        sostenuto il tempo.                    La montagna si aprì e Marcella entrò.   TRACCIA
                        Marcella ebbe un attimo di esitazione. Si   Che posto era mai quello? Una città?   2
                        chiese chi fosse veramente quello strano   Un bosco? Un’isola? Era un po’ di tutto
                        omino e cosa avesse in mente di fare.  questo.
                        Burlabin la rassicurò dicendole che il suo   La colpì subito un primo cartello che
                        era il laboratorio della GENTIL MAGIA   diceva:
                        dove si preparavano solo pozioni magiche   “BENvENuTI NEL LuOGO CHE C’è E
                        di felicità.                           CHE NON C’è, dOvE NON CI SONO
                        La prese per mano e la fece sedere sotto il
                        grande ombrello del tempo con le gambe
                        incrociate e con le mani ben strette al
                        manico. Poi le disse: “Adesso sposterò le
                        lancette dell’orologio e l’ombrello magico
                        ti porterà in un altro spazio e in un altro
                        tempo. Sei pronta?”
                        “Sì!” rispose Marcella, incuriosita ed
                        emozionata.
                        “Allora si parte!”
                        E Burlabin pronunciò la formula: “Fa-




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